Finché il bar batte il web c'è ancora speranza!
di Tommaso Chimenti
Questo articolo è stato pubblicato su Hystrio n. 2/2020
Like è il suo spettacolo precedente, Fake Club l'attuale per un binomio dedicato all’interazione tra i social e il cambiamento antropologico degli individui. Il livornese Stefano Santomauro (alla scrittura assieme a Francesco Niccolini) ben si destreggia in equilibrio tra la battuta rovente da stand-up comedy (è solo in scena ma la riempie con corpo e voce) e l’analisi socio-culturale dell’impatto che le app hanno avuto e hanno sui comportamenti, influenzando atteggiamenti, provocando fenomeni, acuendo i difetti umani. Quei social network nati per far socializzare e che invece dividono, creano distanze e nuove fazioni. Che cos’è vero e che cos’è falso ormai? Chi urla, in questo mondo, si prende la ragione. Se una bugia la dici mille volte diventa una verità. E in mezzo a tante fake news siamo come naufraghi che sul web cercano consolazione e il consolidamento delle proprie convinzioni. Così Santomauro, con il suo incedere livornese, ci conduce su un doppio binario: da una parte Cambridge Analitics, i vaccini e l’autismo, i dubbi di molti sull’allunaggio come sulla sfericità della Terra, Trump e le elezioni americane, lo spionaggio e il contro-spionaggio tra alleati e nazisti nella Seconda Guerra Mondiale, e dall’altra il vecchio saggio del bar di paese, Mario, che con poche battute semplifica la vita e consiglia, con i suoi modi bruschi, di tornare a parlare con le persone, di chiedere le informazioni ai passanti e non a Google Maps, di cercare di capire il mondo e non darlo per scontato con notizie di terza mano. Se nel web cerchiamo risposte alla nostra insicurezza, al voler controllare l’incontrollabile andamento dell’esistenza, la soluzione non sta nell’algoritmo, ma nel riappropriarsi del vicinato, della parola, delle strette di mano: fin quando il bar batterà il web allora avremo una speranza. Acuto e popolare. ★★★★