Zanna Bianca, il richiamo multisensoriale di Luigi D’Elia

di Vincenzo Sardelli

Questo articolo è stato pubblicato su KLP il 10 settembre 2018

E' una civiltà senza frontiere quella rappresentata nei romanzi di Jack London: immense distese nevose oppresse da un clima aspro e insopportabile; maestose foreste impenetrabili; laghi e fiumi incrostati di ghiaccio; condizioni ambientali proibitive per un insediamento stabile dell’uomo.

“Zanna Bianca”, spettacolo di Luigi D’Elia adatto a un pubblico dai sette anni, affascina solo con la voce, il gesto e la musica. Oltrepassa il panorama comune di modernità e progresso. È la capacità di questo teatro di narrazione costruito con Francesco Niccolini: restituire il fascino di racconti ambientati in regioni remote, ispirati alla vita avventurosa di solitari cacciatori di pellicce dei tempi passati; voltare le spalle alle imposizioni della civiltà moderna per ricreare, davanti a una natura intatta e meravigliosa, un appagamento alle inquietudini dello spirito. Si apre la possibilità di un’esistenza liberatoria e non artefatta.

“Zanna Bianca” è meno di un’ora di monologo. I romanzi di London sono un concentrato d’iniziativa e audacia umana. Ma se l’uomo è una massa di contraddizioni – dalla generosità al cinismo, dalla smania di ricchezza alla fatica, dagli sforzi sovrumani per sopravvivere alla meschinità senza scrupoli – l’animale è invece emblema d’autenticità. Zanna Bianca, metà lupo e metà cane antropizzato, è sempre in bilico tra il richiamo alla natura ferina emancipatrice e la disponibilità a lasciarsi addomesticare.
Qui è rappresentato e idealizzato con tenerezza e intuizione come creatura capace di condividere le traversie dell’uomo, porgendogli il soccorso della propria intelligenza devota e della propria generosità istintiva.

Quello di D’Elia è un teatro fisico, organico, sensoriale, scevro da ogni intellettualismo, lontano da orpelli cerebrali. C’è un battito selvaggio, un’energia vitale contagiosa. L’empatia dell’attore verso il lupo è totale: diventa incarnazione e identità. D’Elia lascia andare il corpo. Lo rende libero di esprimersi.
Le sequenze narrative sono chiare alla mente del narratore. Ma le parole sembrano aggrumarsi al momento: si declinano secondo la possibilità di comprensione del pubblico, il suo coinvolgimento, la sua età anagrafica.

La musica rarefatta, puntiforme, aerea o sotterranea, crea luoghi in cui i suoni spaziali sono visibili, soprannaturali e disorientanti. Dai Sigur Rós a Ezio Bosso, un rapido mantra melodico cresce avvolgendosi in fulgide spire sonore. Anche le luci orchestrate da Paolo Mongelli creano una tensione morbida, cristallizzano le emozioni, dilatano le atmosfere sognanti e misteriose, rafforzano l’efficacia descrittiva.
Sprofondare nella natura imperscrutabile. I primi timorosi passi di una creatura inerme sulla neve. La lotta per la sopravvivenza. I metodi brutali dell’uomo sull’animale. I combattimenti selvaggi. Le sfide ai limiti imposti dalla fisica.
La forza dello spettacolo sta nella capacità di restituire, attraverso la voce e il gesto spontaneo, non meditato, non diretto da fuori, la tenerezza, i profumi e i tepori della natura. Percepiamo la forza di alcuni eventi singoli, come la mandibola e i denti di un bulldog che stringono alla gola la pelle arricciata e insanguinata di un lupo.

D’Elia trasferisce agli spettatori non solo i colori e i sentimenti, ma anche le percezioni tattili. Il lupo è nelle foglie, nelle frasche, nelle pietre, nell’acqua. È il gelo a essere evocato come ambientazione, eppure avvertiamo il calore del pelo e della carne, l’odore di selvaggio, il contatto sporco della terra, l’alito umido dell’animale.
È l’insieme dei timbri vocali, dei movimenti delle mani, delle torsioni del busto, dei gesti rapidi o solenni, amplificati da suoni ora incalzanti, ora tenebrosi, a dare vibrazioni a questo teatro multisensoriale. Che sprigiona il bisogno d’evasione e d’avventura. E si chiude con il richiamo primordiale alla libertà.

ZANNA BIANCA
di Francesco Niccolini
liberamente ispirato ai romanzi e alla vita avventurosa di Jack London
regia Francesco Niccolini e Luigi D’Elia
con Luigi D’Elia
lupi e scene Luigi D’Elia
distribuzione Francesca Vetrano
una produzione INTI con il sostegno della Residenza artistica di Novoli
età: dai 7 anni

durata: 50’
applausi del pubblico: 1’ 50”

Visto a Brindisi, corte del Complesso ex Scuole Pie, il 28 agosto 2018