RICCARDO3. L'avversario 
di Francesco Niccolini
liberamente ispirato a William Shakespeare e ai crimini di Jean-Claude Roman  

regia Enzo Vetrano e Stefano Randisi  
con Enzo Vetrano, Stefano Randisi e Giovanni Moschella  
scene e costumi Mela Dell’Erba 
disegno luci Max Mugnai  
foto Luca Del Pia
produzione Arca Azzurra Teatro, Emilia Romagna Teatro Fondazione 
in collaborazione con LE TRE CORDE-Compagnia Vetrano Randisi 

Una stanza bianca. Un letto. Un trono. Un costume elegantissimo, ricostruzione perfetta di un abito nobiliare inglese di fine XV secolo. Ma la stanza non è quella di un castello tardo medievale, e nemmeno il letto: sembrano piuttosto gli interni disadorni e freddi di una stanza d’ospedale. Psichiatrico, forse. Allora cosa ci fa un costume da Riccardo III? Chi sono i tre uomini che si alternano in modo schizofrenico tra tutti i ruoli della storia? Il problema è che Shakespeare e il suo Riccardo non ci bastano più: eppure è un testo gigantesco, finanche esagerato, con troppi personaggi, ma sublime, dalle prime parole alle ultime, che cancellano l’orrore, liberano dal sangue e dalla presenza angosciosa del male, nella sua incarnazione più pura e luciferina. Quando, con Enzo Vetrano e Stefano Randisi, abbiamo cominciato a ragionare sul nostro Riccardo, è stata fortissima l’esigenza di sottrarlo al medioevo inglese e fargli abitare il presente, perché non fosse l’ennesima variazione sul tema ma qualcosa di meno rassicurante. Come nell’originale shakespeariano il male si ammanta del fascino più irresistibile, qui il gioco è rendere quel male invisibile, scambiabile per il bene e viceversa: nell’epoca delle false identità e dei travestimenti (digitali, analogici, teatrali o domestici che siano) il crimine – anche il più efferato – non è mai facile da riconoscere né da confessare.

Francesco Niccolini

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